Behind The Diaphragm
Questo progetto artistico nasce dall'idea di raccontare, attraverso le immagini, le dinamiche comportamentali che spesso si stabiliscono tra due persone.
Ogni sessione fotografica consiste in una serie di scatti realizzati in studio dove ciascun soggetto femminile è ritratto attraverso una membrana di cellophane opaco. Modella e fotografo non si incontrano mai. Ognuno occupa la propria metà dello studio. In ogni set l'intimità della persona ritratta è garantita, ed è sempre "protetta" dal diaframma di cellophane.

Il soggetto ritratto racconta liberamente la sua storia attraverso le immagini, muovendosi come ritiene opportuno nello spazio disponibile e vivendo la sessione come un'esperienza, spesso sorprendente, rivelatrice, mai prevedibile.
Le immagini post-prodotte risultano oniriche, lattescenti, sfocate, nebbiose, dai contorni mal definiti. Questa messa in scena vuole rappresentare la distanza tra modella e fotografo che simboleggia ciò che talvolta accade nella vita reale tra due persone. Infatti, spesso capita che interagiamo a distanza senza mai attraversare la bolla della personalità, senza mai conoscerci veramente.

Questa distanza da un lato ci difende dall'osservatore, dall'altro può portare a incomprensioni e errate interpretazioni, a vedere l'altro come non è realmente. La membrana diventa metafora delle barriere sociali che costruiamo attorno a noi, dei filtri attraverso cui osserviamo gli altri e attraverso cui siamo osservati.
Allo stesso tempo, la membrana deforma l'immagine della persona rendendola imperfetta, astratta, quasi sintetica, per ricordarci che non possiamo mai essere completamente noi stessi di fronte a qualcun altro. Il cellophane diventa così simbolo delle maschere sociali che indossiamo quotidianamente, delle apparenze che costruiamo e delle percezioni distorte che derivano da questi schermi.
La barriera fisica del cellophane rappresenta anche la difficoltà di comunicazione autentica nella società contemporanea: pur vedendoci, non riusciamo a cogliere l'essenza dell'altro, ma solo una versione sfocata, alterata dalle nostre aspettative e pregiudizi.
Poiché il set è totalmente libero, talvolta le donne decidono di uscire dal diaframma e quindi la sessione diventa "fuori dal diaframma", come nelle nuove edizioni del progetto. Questo gesto simboleggia il tentativo di superare le barriere comunicative, di mostrarsi autenticamente, di rompere gli schemi sociali che ci imprigionano in ruoli predefiniti.
Il progetto invita lo spettatore a riflettere sui propri filtri percettivi, su come guardiamo gli altri e su come permettiamo agli altri di guardarci. Ci interroga sulla possibilità di relazioni autentiche in un mondo dove l'immagine è spesso mediata, filtrata e distorta da schermi fisici e metaforici.
